Anche se la cannabis è la sostanza ricreativa più utilizzata nei Paesi occidentali, quali l’Europa, il Nord America e l’Australia, ormai da diversi anni è acclarato che può essere utilizzata con successo anche a scopi terapeutici.
“Cannabis” è un termine generico usato per sostanze derivate da piante e tinture appartenenti al genere cannabis, il cui principale composto psicoattivo in tutti i prodotti della cannabis è il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC).
Anche se la cannabis è la sostanza ricreativa più utilizzata nei Paesi occidentali, quali l’Europa, il Nord America e l’Australia, ormai da diversi anni è acclarato che può essere utilizzata con successo anche a scopi terapeutici.
La canapa è una pianta (le cui prime coltivazioni risalgono a 6000 anni fa in Cina) che contiene più di 400 composti naturali, tra cui troviamo due principali gruppi di molecole con proprietà attive:
- Terpeni
- Cannabinoidi, molecole capaci di interagire con le funzioni del nostro sistema nervoso; la canapa ne biosintetizza più di 60 tipi diversi che differiscono fra loro nei processi di interazione con il nostro organismo e nella loro struttura molecolare. Tra i più conosciuti troviamo THC, CBD (cannabidiolo) e CBG.
Le cellule del nostro organismo inviano continuamente segnali ad altre cellule attraverso la produzione ed il rilascio di specifici mediatori chimici sia a livello del sistema nervoso sia in altri distretti corporei come l’apparato digerente, l’epidermide, il tessuto adiposo, il sistema immunitario, il sistema endocrino e riproduttivo.
Le sostanze in grado di veicolare le informazioni tra le cellule di un organismo sono moltissime e dalle più disparate caratteristiche chimiche:
- amminoacidi,
- peptidi,
- proteine complesse,
- derivati del metabolismo del colesterolo,
- sostanze gassose,
- endocannabinoidi.
Questi ultimi, scoperti da non molti anni, sono importanti neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale e periferico, modulatori della risposta immunitaria, dell’attività riproduttiva e del controllo alimentare. Le modalità di regolazione e di azione degli endocannabinoidi sono infatti unici all’interno della famiglia dei mediatori chimici. Nel sistema nervoso agiscono al contrario di ogni altro neurotrasmettitore, essendo rilasciati dal neurone post-sinaptico per agire su quello pre-sinaptico. Inoltre, a causa del loro coinvolgimento in una miriade di processi fisiopatologici, sono attualmente in studio molecole in grado di modulare il sistema endocannabinoide, potenzialmente utili come farmaci contro la depressione, le malattie neurodegenerative ed infiammatorie, il dolore, i disturbi del comportamento alimentare ed altri ancora.
Il sistema endocannabinoide è composto da due recettori cellulari primari:
- CB1, distribuiti in tutto il corpo umano, soprattutto in specifiche aree del SNC, in particolare nell’ipotalamo, coinvolto nella regolazione dell’appetito, nell’amigdala, fondamentale nei processi mnemonici ed emotivi, e nelle terminazioni nervose, responsabili della sensibilità e quindi del dolore.
- CB2, concentrati nelle cellule del sistema immunitario e del sistema nervoso periferico, e quindi interessati nei processi infiammatori.
Le funzioni in cui è coinvolto il sistema endocannabinoide in normali condizioni fisiologiche sono:
- Funzioni cognitive superiori:
- Attenzione, memoria, apprendimento
- Emozioni
- Capacità di prendere decisioni (decision making)
- controllo del comportamento
- Controllo motorio:
- Controllo e coordinazione del movimento
- Mantenimento della postura corporea e dell’equilibrio
- Percezione del dolore e gratificazione:
- Sensibilità agli stimoli dolorosi
- Sensibilità agli stimoli piacevoli
- Neuroprotezione: azione protettiva del SNC dalla sovrastimolazione o sovrainibizione esercitata da altri neurotrasmettitori
- Sviluppo cerebrale:
- Sviluppo neuronale
- Controllo della plasticità sinaptica
- Funzioni immunitarie:
- Attività immunomodulatoria
- Infiammazione
- Funzioni sessuali e fertilità:
- Processi di maturazione degli spermatozoi
- Interazioni con la funzione ovarica
- Effetti sulla libido
- Gestazione:
- Attecchimento dell’embrione
- Meccanismi che regolano le prime fasi della gravidanza
- Equilibrio energetico:
- Regolazione dell’assunzione di cibo
- Modulazione dell’omeostasi metabolica
- Regolazione dell’appetito:
- Modulazione della sensazione di sazietà
- Sensibilità viscerale, nausea e vomito
- Funzioni endocrine: modulazione della secrezione di ghiandole endocrine
- Funzioni cardiovascolari: risposta vascolare (azione vasodilatatoria e ipotensiva)
- Regolazione cellule neoplastiche: ruolo del sistema endocannabinoide nella regolazione dei processi di proliferazione cellulare alla base della crescita dei tumori
Il sistema endocannabinoide prende il suo nome dalla pianta di cannabis poiché alcuni fitocannabinoidi in essa presenti mimano gli effetti degli endocannabinoidi legandosi ai medesimi recettori.
Va però sottolineato che l’uso abituale di cannabis può causare vari effetti avversi:
- effetti a breve termine: danni alla memoria, problemi di coordinazione motoria con conseguente aumentato rischio di incidenti stradali, giudizio alterato e, in alti dosaggi, paranoia e psicosi;
- effetti a lungo termine: sviluppo di dipendenza, bronchiti croniche e aumentato rischio di disturbi psicotici.
Recentemente alcuni Paesi, tra cui il Canada e i Paesi Bassi, hanno introdotto programmi governativi per il controllo della produzione di marijuana (foglie di cannabis) di qualità controllata.
Mentre negli Stati Uniti, 23 Stati e il distretto di Washington DC (dal maggio 2015) hanno introdotto leggi che permettono l’uso di cannabis per scopi medici, negli Stati membri dell’Unione europea le attuali normative sono, in questo campo, ancora molto eterogenee.
Il termine “cannabis medica” si riferisce all’uso di cannabis o di cannabinoidi come terapia medica per curare alcune malattie o alleviarne i sintomi, in particolare la sclerosi multipla (SM), il dolore neuropatico cronico e il controllo dei sintomi di nausea e vomito nei pazienti oncologici in trattamento chemioterapico.
La sclerosi multipla è una malattia degenerativa cronica del sistema nervoso centrale che conta circa 500.000 pazienti in Europa e più di 2,3 milioni di malati nel mondo, caratterizzata da una vasta gamma di segni e sintomi, tra cui spicca la spasticità
I farmaci più comunemente utilizzati per il trattamento della spasticità sono il baclofen, la tizanidina, la gabapentina o il dantrolene, che con modalità d’azione diverse, hanno come effetto comune il rilassamento muscolare. Purtroppo, la loro efficacia e la loro tollerabilità, risulta in questi pazienti limitata.
Il dolore neuropatico cronico, che colpisce circa il 3% della popolazione mondiale, può essere la conseguenza di varie patologie, ma, indipendentemente dalla causa, spesso i farmaci in uso quali oppioidi, FANS, anticonvulsivanti, antinfiammatori e antidepressivi risultano parzialmente o totalmente inefficaci.
Questa situazione rende necessario, pertanto, trovare nuove opzioni terapeutiche con differenti meccanismi di azione: il sistema endocannabinoide può svolgere un ruolo importante nella modulazione del dolore e nell’attenuazione dell’infiammazione, in quanto i recettori dei cannabinoidi sono ampiamente distribuiti in tutto il sistema nervoso centrale e periferico. Si ritiene che i cannabinoidi riducano la sensibilizzazione dei percorsi sensoriali nocicettivi e inducano alterazione nei processi cognitivi e autonomici negli stati di dolore cronico.
Inoltre circa il 75% delle persone sottoposte a chemioterapia ha nausea e vomito e numerosi sono i farmaci utilizzati per il trattamento di questi sintomi. Inizialmente venivano utilizzati soprattutto gli antagonisti del recettore della serotonina (5-HT3), combinati con il dexametasone; successivamemte si utilizza in associazione anche l’aprepitant. Per coloro che non rispondono alla profilassi antiemetica in prima linea, possono essere aggiunti molti altri antiemetici supplementari, quali fenotiazine, antistaminici, butirofenenici e benzodiazepine.
I cannabinoidi possono essere presi in considerazione per il controllo della nausea e del vomito come agenti di quarta linea. Il blocco dei recettori dei cannabinoidi CB1 induce vomito, suggerendo l’esistenza di recettori cannabinoidi all’interno delle aree del cervello connesse appunto con l’induzione della nausea e del vomito.
SCLEROSI MULTIPLA
Per la popolazione affetta da sclerosi multipla, sono stati effettuati numerosi studi di cui i 15 più rappresentativi, riguardavano 2.431 pazienti. Nove studi utilizzavano il Sativex (composto estratto dalla pianta di cannabis e contenente Δ9-tetraidrocannabidiolo, THC, e cannabidiolo, CBD); cinque l’estratto di cannabis sativa in capsule di gelatina e uno studio le sigarette di cannabis. Tutti gli studi utilizzavano il placebo come gruppo di controllo.
le prove, di alta qualità/affidabilità, erano in favore della cannabis per la riduzione della spasticità e per la riduzione del dolore, mentre per il miglioramento della qualità del sonno le prove disponibili, di qualità/affidabilità moderata, non mostravano differenze tra i due trattamenti.
DOLORE NEUROPATICO CRONICO
Per la popolazione affetta da dolore cronico spiccano 12 studi, per un totale di 1.064 pazienti, di cui 7 utilizzavano il THC (per via orale, fumato, vaporizzato o inalato) e 5 utilizzavano il Sativex, utilizzando il placebo come gruppo di controllo. Risultano limitate prove di efficacia in favore della cannabis, ma la qualità/affidabilità delle prove appare bassa e, pertanto, questi risultati non possono essere considerati conclusivi.
NAUSEA E VOMITO IN PAZIENTI ONCOLOGICI CHE ASSUMONO CHEMIOTERAPIE
Per il trattamento di nausea e vomito in pazienti oncologici sotto trattamento chemioterapico, spiccano 14 studi per un totale di 960 pazienti: 13 studi utilizzavano il THC per via orale o fumato, mentre 1 studio utilizzava il Sativex; 3 studi avevano tre bracci di trattamento e confrontavano la cannabis sia col placebo sia con altri farmaci antiemetici. Anche se alcuni studi hanno dimostrato la maggiore efficacia della cannabis per il controllo della nausea, in realtà anche in questo caso, la qualità/affidabilità delle prove risulta bassa e quindi insufficiente per delle conclusioni scientificamente certe.
CONCLUSIONI
Per dare risposte conclusive circa l’efficacia e la sicurezza della cannabis utilizzata per scopi medici nei contesti clinici considerati sono sicuramente necessari ulteriori studi, con dimensioni più ampie del campione e che possibilmente utilizzino gli stessi strumenti diagnostici per la valutazione degli esiti di interesse. Ed inoltre è indispensabile studiarne l’eventuale occorrenza di eventi avversi seri.
Nel frattempo interessanti applicazioni terapeutiche si stanno evidenziando con l’uso del solo cannabidiolo (CBD), che non determina effetti psicoattivi, non influendo su umore, coscienza e facoltà mentali e si è dimostrata utile in diversi campi:
- allevia il dolore e l’infiammazione, anche in patologie reumatiche quali l’artrite reumatoide e la psoriasi;
- ha effetti antipsicotici;
- riduce gli stati ansiosi;
- ha effetto miorilassante;
- allevia la nausea
- facilita il sonno.
A tal proposito esistono parafarmaci che sfruttano l’attivazione di recettori endocannabinoidi per determinare un beneficio del dolore neurogeno e fibromialgico.
Come sempre va evitato il faidate e farsi seguire da un medico che sappia integrare la medicina tradizionale con trattamenti non complementari.