Recentemente, l’attenzione allo stile di vita dei pazienti è aumentata rapidamente nel campo della terapia del dolore, in particolare per quanto riguarda il ruolo dell’alimentazione nello sviluppo del dolore e nella sua gestione.
Cosa si intende per dolore?
Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno.
Deve essere visto come la composizione:
- di una parte percettiva (la nocicezione), cioè l’insieme delle strutture nervose che permettono di riconoscere uno stimolo come doloroso
- di una parte esperienziale che è lo stato psichico collegato alla percezione di una sensazione spiacevole.
Dal punto di vista della durata temporale, il dolore è classificabile come:
- Transitorio: vi è attivazione dei nocicettori, corpuscoli responsabili della trasmissione degli stimoli dolorosi, senza danno tissutale e quindi scompare con la cessazione dello stimolo.
- Acuto: è un dolore nocicettivo, di breve durata in cui solitamente il rapporto di causa-effetto è evidente ed associato in genere ad un danno tissutale; il dolore scompare con la riparazione del danno.
- Recidivo: si ripresenta ciclicamente, come nei pazienti con cefalea.
- Persistente: la permanenza dello stimolo nocicettivo o della sensazione continua di dolore (nocicezione) rendono il dolore “persistente”.
- Cronico: dolore associato a profonde modificazioni della personalità e dello stile di vita del paziente che costituiscono fattori di mantenimento indipendenti dall’azione dei nocicettori.
Le ultime scoperte sul ruolo di nutrizione e nutraceutici, microbioma, obesità, soia, acidi grassi omega-3 e supplementazione di curcumina come elementi chiave nella modulazione dell’efficacia dei trattamenti analgesici, inclusi gli oppioidi.
La regolazione dell’assunzione di cibo comporta una stimolazione di specifiche aree cerebrali, come l’ipotalamo, il nucleo arcuato e il tratto solitario, che agisce sulla fame centri di sazietà. Inoltre assumono un ruolo fondamentale vari tipi di neurotrasmettitori: la grelina, il peptide YY forniscono segnali a breve termine, mentre la leptina, l’adiponectina e l’insulina forniscono segnali a lungo termine del corpo determinando l’immagazzinamento di grasso, con conseguente aumento di peso.
Anche il problema della cattiva alimentazione ha implicazioni neurochimiche, influenzando i livelli di dopamina, il “Neurotrasmettitore di piacere”, che aumentano con il consumo di zuccheri, grassi e sale.
Numerosi autori hanno recentemente descritto una vera e propria “dipendenza da cibo”, spiegando che gli alimenti, come ogni altro stimolo gratificante, hanno il potenziale per causare comportamenti di dipendenza, similare a quello per le droghe.
Mentre, le droghe influenzano direttamente i circuiti della dopamina cerebrale, il cibo influenza la dopamina in modi più indiretti: da input neuronale dalle papille gustative alla secrezione di dopamina neuroni nel cervello, così come dai segnali generati da digestione. Inoltre, alcune persone sono meno influenzate di altri dal sistema di ricompensa, a causa di un recettore D2 che è meno sensibile alla dopamina a causa della variabilità interindividuale di sfondi genetici, con conseguente variabilità della quantità di cibo necessario per raggiungere lo stesso livello di piacere comportamentale le pulsioni per il cibo gradevole sono anche moderate dalla cognizione; in particolare le regioni laterali e dorsomediali della corteccia parietale possono influenzare il sistema di ricompensa, influenzando i comportamenti alimentari.
Pertanto, la combinazione di terapia comportamentale cognitiva, consulenza nutrizionale, esercizio fisico e relazione umana la consulenza dovrebbe essere in grado di sopprimere il premio effetti del cibo e fornire rinforzo attraverso la corteccia frontale.
I pazienti con dolore cronico dovrebbero sottoporsi a valutazione nutrizionale e consulenza, che dovrebbe essere avviata all’inizio del trattamento. Alcuni alimenti e integratori utilizzati nel trattamento personalizzato probabilmente miglioreranno i risultati clinici della terapia analgesica e porteranno a un notevole miglioramento della compliance del paziente e della qualità della vita. Dalla nostra prospettiva attuale, il potenziale beneficio di includere la nutrizione nella personalizzazione della medicina del dolore è formidabile e altamente promettente.
Può essere estremamente utile utilizzare prodotti che contengano una miscela di ingredienti, tra cui proteine (per soddisfare il fabbisogno e sostenere la massa muscolare magra), fibre (per favorire il funzionamento intestinale, vitamine (A, gruppo B, C, D, E, K) e minerali (calcio, cromo, forsforo, iodio, magnesio, manganese, molibdeno, potassio, rame, selenio, Zinco). Le proteine del siero aiutano a frenare la fame e se concentrate forniscono una maggiore quantità di proteine rispetto ad una minor quantità di carboidrati e grassi. Numerosi studi hanno dimostrato che assumendo da 5 a 20 grammi al giorno di proteine del siero si riduce la sensazione di fame. Inoltre gli aminoacidi, di cui le proteine della soia sono ricche, rappresentano i mattoni delle proteine e il siero di latte li detiene in concentrazioni più elevate rispetto a fonti vegetali.
Quindi di fronte ai dolori cronici non ci ostiniamo solo ad assumere continuamente farmaci antinfiammatori e antidolorifici ma partiamo dal migliorarmento del nostro stato di forma, riducendo la massa grassa a favore della massa magra. Si ridurranno i dolori, avremo movimenti più sciolti e si tornerà finalmente a sentirsi meglio.